“La speranza di una vita in libertà, il desiderio di felicità e di poter crescere secondo il proprio talento” - Il bel discorso di Joachim Gauck alle celebrazioni del campo profughi Marienfelde

È stato un discorso molto sentito, che lo riguardava personalmente, quello che ha fatto il Presidente della Germania Joachim Gauck alle celebrazioni dei 60 anni del Campo Profughi Marienfelde.

Joachim Gauck, nato a Rostock nel 1940, è cresciuto nella DDR, dove ha lavorato come Pastore protestante ed è stato un convinto attivista per i diritti umani.

Anche avendone avuto la possibilità non è mai fuggito dalla DDR ed è rimasto, nonostante tutti i suoi figli fossero scappati nella Repubblica Federale.

Non ha mai nascosto la sua convinzione che la decisione più giusta fosse quella di rimanere per tentare di migliorare la situazione ed essere d’aiuto a tutti gli oppressi del regime. Al contempo, però, non ha mai condannato chi ha preso la decisione di voltare le spalle al proprio Paese.


Negli ultimi mesi prima della caduta del Muro è stata una delle figure centrali del primo movimento d’opposizione, il Neues Forum, ad essere stato accettato ufficialmente dal regime.

Joachim Gauck durante l'evento - Foto: Emilio Esbardo

Dal 1990 al 2000, ha ricoperto il ruolo di presidente dell’istituzione incaricata di studiare ed ordinare gli atti presenti negli archivi della Stasi (Ministero della Sicurezza di Stato). A novembre del 1990 si è dimesso da Pastore.

In seguito, prima di essere eletto Presidente della Germania nel 2012, ha continuato ad impegnarsi nel civile. È stato, tra l’altro, uno dei patrocinatori della dichiarazione di Praga contro i crimini del comunismo.


Nel suo discorso d’introduzione alle celebrazioni di Marienfelde, da persona che ha sempre privilegiato la parte umana di ogni avvenimento, non poteva evitare di porre l’accento su una politica basata sull’integrazione degli stranieri.

Quando si abbandona la propria patria è perché lì, per diversi motivi, non si vive più bene. I tedeschi, secondo Gauck, quando incontrano gente proveniente dalle zone più disastrate della terra, debbono tenere in mente che essi stessi hanno una storia di emigrazione alle spalle.

Joachim Gauck durante il suo discorso - Foto: Emilio Esbardo

In particolare non devono dimenticare il periodo della divisione quando un tedesco fuggiva dalla Germania (est) per stabilirsi in un’altra Germania (ovest), come ricorda con delle parole molto suggestive:

Ciò che è accaduto nell’ex campo profughi di Marienfelde, è una storia vecchia come quella dell’umanità e allo stesso tempo di scottante attualità: è il desiderio di una vita in libertà, senza paura, violenza e oppressione, è il desiderio di una vita migliore per sé e per i propri figli (…)

I motivi di fuga erano svariati: qui giungeva il proprietario terriero, che non era capace di produrre l’assurda alta quantità di beni, imposta dallo Stato. Qui giungeva l’artigiano che non voleva rinunciare al suo status di lavoratore indipendente. Il membro della Comunità Ecclesiale, che voleva vivere la sua fede apertamente e che per questo motivo era stato espulso dalla scuola superiore. L’insegnante che non riusciva più a sopportare la propaganda del Partito unico SED. Il giovane che non voleva farsi imporre che tipo di musica ascoltare o il taglio dei capelli. La figlia del medico a cui non era stato permesso di studiare.


Dietro ogni emigrazione c’è una storia lacerante alle spalle, che provoca cicatrici, che dureranno tutta la vita. Chi parte lascia di solito molti affetti. Chi rimane prova una sensazione di vuoto e deve sforzarsi per accettare la decisione di chi ha deciso di partire, a cui si potrebbe dare la colpa di fuggire vigliaccamente:

Voglio e posso parlare in questa circostanza non soltanto da Presidente della Germania, bensì da ex cittadino della DDR, che è rimasto – ed ha vissuto, come ci si sentiva dall’altra parte, dalla parte di coloro i quali non sono fuggiti. Sono scappati mia zia con i suoi figli. La mia giovane sorella. Molte persone vicine alla Comunità. Alla fine anche i miei propri figli e figlie (…)

Mi ricordo dell’iniziale indifferenza per gli addii, che apparivano così normali – ma che non lo erano affatto. Poi giungevano le sensazioni di tristezza e vuoto. Avrei voluto che quasi tutti fossero rimasti e che avessero rafforzato le fila dei dissidenti della DDR. Ma con quale diritto avrei potuto negar loro la speranza di una vita in libertà, il desiderio di felicità e di svilupparsi e crescere secondo il loro talento?

Ricordare tutto ciò significa accettare pienamente tutte le persone che ultimamente giungono in Germania da Paesi quali la Cecenia, la Bosnia, la Serbia, Iraq, la Siria, etc. Anzi secondo Gauck molti sono lavoratori specializzati, che potrebbero contribuire alla crescita economica della Germania.

Si è rivolto quindi alla politica affinché venga abolita la legge che impone ai richiedenti asilo di non poter abbandonare la zona dove sono stati assegnati al loro arrivo e ad abolire anche il divieto di lavoro. Lo scorso anno c’è stata la marcia pacifica da Würzburg a Berlino, con successivi scioperi della fame ed altre proteste nella capitale tedesca. 

(Il Nuovo Berlinese ha trattato questo argomento nei seguenti articoli:

Sciopero della fame davanti alla Porta di Brandeburgo 

“I rifugiati sono esseri umani ed hanno i nostri stessi diritti” – Intervista a Johannes Ponader

Fotoreportage: protesta dei rifugiati a Berlino)

“Dalla fine del 2010”, ha detto Joachim Gauck con decisione, “la struttura di Marienfelde viene utilizzata come residenza di transizione per i fuggitivi ed i richiedenti asilo. Essa rappresenta, per queste persone, una porta verso l’ignoto all’interno di un Paese sconosciuto (…) essi soffrono per il fatto di non poter lavorare. Una parte di loro è gente qualificata. La maggioranza non vuole avere nelle tasche i soldi che dà lo Stato – Essi possono, vogliono e debbono poter lavorare!”.

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