Il 23 ottobre 2012, la dott.sa Annette Schavan, Ministro dell’Istruzione e della Ricerca ha premiato i 25 vincitori di “Green Talents”, tra cui l’italiana Daria Camilla Boffito.
Il concorso Green Talents è stato fondato nel 2009. Il premio viene consegnato ai giovani ricercatori, che si impegnano nel ramo dell’energia sostenibile, “per le loro soluzioni creative ed intelligenti in materia di protezione del clima, delle risorse sostenibili, della gestione del territorio e dell’efficienza energetica”, come si può leggere nel sito web ufficiale.
Il giorno della premiazione ho incontrato personalmente Daria Camilla Boffito, dottoranda in Chimica industriale all’Università degli Studi di Milano, che mi ha rilasciato un’interessante intervista.
Quando hai appreso di essere stata tra le vincitrici, cosa hai provato?
Verso fine marzo, inizio aprile mi sono candidata. La comunicazione di essere tra le vincitrici me l’hanno data ad agosto ed ovviamente sono stata particolarmente contenta. Sapevo di poter contare su un curriculum abbastanza buono. Questo non è il primo premio internazionale che ricevo, inoltre ho all’attivo numerose pubblicazioni. Comunque non ci facevo molto affidamento perché c’erano 403 concorrenti da tutte le parti del mondo.
Cosa fai esattamente?
Io studio la produzione del Biodiesel, che è un combustibile liquido, come ad esempio la benzina, e andrebbe a sostituire il diesel. Può essere prodotto su scale industriale e lo si ricava da oli, quindi da grassi come quello che utilizziamo per condire il cibo. Parte del mio lavoro è quello di prediligere l’utilizzo di oli, che non rientrano nella filiera alimentare. Nel dettaglio, dunque, il mio compito è quello di seguire tutti i passi della filiera produttiva, dalla selezione della pianta fino alla creazione del biodiesel: selezione della materia prima, standardizzazione, design del processo e eventualmente del catalizzatore. Poi mi concentro anche su altre cose, come sulla sintesi del green diesel, che è un altro biocombustibile liquido e sulla fotocatalisi.
Che cos’è lo Sviluppo Sostenibile?
Il punto centrale dello sviluppo sostenibile è soddisfare le esigenze base dell’era moderna, quali cibo, acqua, trasporti, ponendo attenzione all’ambiente e al fatto che anche le future generazione possano avere questa possibilità. Lo sviluppo deve essere sostenibile anche dal punto di vista economico, di modo che tutti ne possano usufruire. Si sta ponendo attenzione alle aree più disagiate, quali Africa, Sudamerica, Medioriente, che sono ricche di risorse adatte per uno sviluppo sostenibile. Nessuno, al momento, è interessato ad investire in queste zone. Spero che lo facciano loro stessi: la maggior parte dei vincitori viene da queste aree.
Che vantaggio si avrebbe se si utilizzassero questi prodotti?
Al di là del fatto, come è ben noto, che le fonti di origine fossile ovvero l’energia derivante da fonti fossili sarà sempre più limitata in futuro e dunque c’è bisogno di trovare un’alternativa, il biodiesel è biodegradabile e dà origine a minori emissioni di particolato di SOx e di idrocarburi incombusti. Sulla CO2 siamo abbastanza sugli stessi livelli.
Lo sviluppo sostenibile in Germania è già una realtà. In Italia?
In Italia non siamo messi così male: abbiamo tantissimi impianti idroelettrici. Bisogna però aggiungere che in Germania lo sviluppo sostenibile è stato promosso e sostenuto con un’ingente investimento nel campo della ricerca, che è la strada giusta da intraprendere. In Italia, al contrario, la ricerca non viene sufficientemente valorizzata. La percentuale del Pil nostrano nel campo dell’istruzione è leggermente più bassa rispetto alla media europea. Dobbiamo impegnarci di più, affinché nel 2020 il 20% dell’energia primaria sia fornita da fonti rinnovabili. La Germania questa percentuale l’ha già raggiunta nel 2012, grazie alla promozione della cultura e dell’educazione: strumenti questi anche utili a superare la crisi economica in corso, che coinvolge il nostro Paese. L’Italia è all’incirca al 10%
Angela Merkel al congresso internazionale delle imprenditrici ha spronato le donne ad avere successo anche nel mondo scientifico. Credi che in Italia le donne siano soggette a dei pregiudizi?
Sì. Decisamente. Situazioni del genere sono capitate a me personalmente, quando ho fatto dei colloqui di lavoro, durante il mio dottorato. Gli esaminatori, dopo essersi detti soddisfatti del mio curriculum, mi hanno immediatamente chiesto: “sei fidanzata? Sei sposata? Vuoi avere figli?”. Al termine hanno scritto sul mio curriculum a caratteri cubitali: SPOSATA. Anche in questo punto la Germania è un passo in avanti: in Italia non ci sono iniziative a favore delle donne. A Berlino ho visitato un paio di centri di ricerca: sono tutti provvisti di asilo sul posto di lavoro. La discriminazione è particolarmente tangibile a livello industriale. In campo accademico, che si arricchisce sempre di più di donne, la situazione è totalmente opposta; non esistono discriminazioni: gli articoli vengono pubblicati sia se sono stati redatti da una donna, sia da un uomo.
Visto che tu provieni da Milano, una città inquinatissima, qual è stato il tuo imbatto, quando sei arrivata a Berlino, una metropoli immersa nel verde, che si presta a giusto esempio di sviluppo sostenibile?
Berlino è una città fantastica, anche se il cielo è sempre grigio. Uno però abbassando la testa, può vedere il verde. L’autunno è bellissimo, fantastico: il verde, i colori. Effettivamente uno a Milano, sia che volga lo sguardo in alto sia in basso, vede solo grigio. Berlino è una città molto eclettica. Offre tanti spunti, soprattutto, ai giovani. Qui la tecnologia è ovunque ed è integrata nella natura. Siamo stati a Potsdam al centro di ricerca sul Cambiamento climatico: è stato fantastico, eravamo immersi nel verde, in un parco bellissimo.
A breve, qui, verrà presentato il libro: “Tutti a Berlino. Guida pratica per italiani in fuga?”. Sei d’accordo che tutti devono scappare dall’Italia? O si può migliorare la situazione di crisi, di decadimento economico e morale in cui è sprofondata la nostra nazione?
La situazione in Italia si può sicuramente migliorare. Occorre un cambiamento drastico. Quello dei cervelli in fuga è purtroppo anche un fenomeno quasi tipicamente italiano. L’unico modo per risolvere la situazione, come ho affermato in precedenza, è investire nella ricerca e nell’istruzione. Il titolo suona un po’ provocatorio. Esso può essere un punto di partenza, qualcosa che stimoli o che comunque faccia riflettere su questo fenomeno. Il libro mi piacerebbe comprarlo perché mi tocca personalmente. Ovviamente la Germania sarebbe il posto più vicino, dove poter lavorare e fuggire: un compromesso accettabile per un italiano che volesse abbandonare la propria terra. È a solo un’ora e mezzo di volo.
Questo cambiamento dovrebbe partire dal mondo della politica o della cultura?
Il cambiamento dovrebbe venire da noi, facendo sentire la nostra voce. Non penso che la politica abbia grandi idee al momento. In Germania è diverso, perché Angela Merkel ha ottenuto il dottorato in fisica. In Germania la politica è estremamente coinvolta nell’ambito della ricerca. In Italia, dunque, dovrebbero essere i ricercatori e gli intellettuali a far sentire la propria voce.
di Emilio Esbardo
Follow Us!