È una storia molto particolare quella di Beatrice e di suo fratello Domenico Foti, trasferitisi a Berlino negli anni ’60. Non è stato per il bisogno di un lavoro e per sfuggire alla fame e alla miseria come molti conterranei. Non sono partiti in treno con la classica valigia di cartone legata con lo spago. La loro famiglia, tradizionalmente una famiglia di commercianti, viveva nel benessere e nell’agiatezza. È stato per amore, che entrambi, prima Domenico e poi Beatrice hanno deciso di trasferirsi a Berlino.
Mentre davo uno sguardo ai quotidiani tedeschi, un articolo catturò la mia attenzione. Era dedicato ad un imprenditore calabrese di successo a Berlino, Domenico Foti (deceduto cinque anni fa) e a suo figlio Gaetano, che ha seguito le orme del padre. Stupito ed interessato dalla singolare storia della famiglia Foti, di cui non conoscevo nulla, decido di saperne di più. È così che mi reco a casa della signora Beatrice, sorella di Domenico.
Dopo un ottimo caffè con un linguaggio colloquiale e un velo di nostalgia, Beatrice traccia, a grandi linee, la storia della sua vita: “vengo da Rosalì una frazione della provincia di Reggio Calabria. Eravamo una famiglia di cinque figli, io sono l’ultima, mio fratello Domenico il secondo. Sono nata nel ’44 e sposata da trent’anni. Ho avuto una femminuccia, divenuta una delle dirigenti di una compagnia dell’aeroporto di Tegel, e un maschietto, adesso attore, attualmente impegnato in una tournée nei più importanti teatri tedeschi. La prima cosa che mi è mancata quando sono arrivata a Berlino è stato il sole”. “Per tanti anni in primavera ho sentito l’odore della zagara”, aggiunge Beatrice, “domandando ai medici mi hanno detto che questi profumi permangono per anni nel cervello di una persona. Naturalmente all’inizio ho sentito la mancanza di mia madre e dei miei fratelli. Il grigio di Berlino, il dover stare più dentro che fuori mi ha dato fastidio. In Calabria, al contrario, ho trascorso la maggior parte del mio tempo in spazi aperti, senza nessuna barriera. Il Muro l’ho vissuto come un carcere. Abituata al sud dove si cammina per chilometri, senza limitazioni, qui ovunque andassi ti vedevi questo ‘coso’ alto. La sua caduta è stato un avvenimento eccezionale: sono rimasta per ore ad osservare la gente che passava sotto casa mia. Una grande emozione. Il giorno successivo, in un supermercato, ho visto una mamma con uno di quei bambini pallidi della parte est della città, che ha gridato emozionato dopo aver scorto un ananas: – mamma, mamma guarda!!! –. Ed io gliel’ho comprato. Il bambino ha preso l’ananas con le lacrime agli occhi”.
Beatrice è la presidentessa del “Gruppo Donne Italiano” a Berlino e vice presidente del “Comites”, il comitato per gli italiani in città, che si occupa dei connazionali presenti nella capitale tedesca e gestisce le scuole bilingue. La signora Foti ammette: “quando sono arrivata qui non esisteva niente. Oggi abbiamo due ginnasi, due scuole secondarie, cinque asili. È tutto merito nostro”.
È una storia molto particolare quella di Beatrice e di suo fratello Domenico Foti, trasferitisi a Berlino negli anni ’60. Non è stato per il bisogno di un lavoro e per sfuggire alla fame e alla miseria come molti conterranei. Non sono partiti in treno con la classica valigia di cartone legata con lo spago. La loro famiglia, tradizionalmente una famiglia di commercianti, viveva nel benessere e nell’agiatezza. È stato per amore, che entrambi, prima Domenico e poi Beatrice hanno deciso di trasferirsi a Berlino.
Il marito della signora, Fritz Herse, lavorava come capo officina dell’autosalone di suo fratello. Beatrice sorride e poi dice: “Fritz era giunto da solo in Calabria per poter conoscere la regione. Aveva preso in affitto un bungalow vicino al mare ma era spesso ospite da noi ed io capii che era l’uomo della mia vita”.
Domenico era stato il primo a partire. Dopo una breve gavetta presso un distributore di benzina riesce a divenire concessionario Fiat e a fare fortuna. È stato molto spesso ospite di Gianni Agnelli a Torino ed è stato insignito del titolo di “Cavaliere della Repubblica” nel 1989, per aver dato il contributo decisivo alla fondazione della scuola italo-tedesca “Finow”. Le sue origini però non le ha mai dimenticate. È rimasto sempre un calabrese umile, dedito alla famiglia e sempre disposto ad aiutare il prossimo, come mi racconta sua sorella: “mio fratello è stato un grande commerciante. Possedeva un forte carisma e aveva uno charme tutto calabrese. Baciava le mani a tutte le donne. Nel suo ufficio non mancava mai la soppressata calabrese, il pane duro e il formaggio, che offriva a tutta la sua clientela. Nella sua officina lavoravano tanti italiani, soprattutto calabresi. Ha dato anche aiuti finanziari a chi ne aveva bisogno. La famiglia per lui era tutto. Appena si alzava telefonava in Calabria, alla mamma, ai cugini, alle sorelle. E poi iniziava a lavorare. È stato un grande italiano in Germania”.
“Mio padre”, continua il racconto suo figlio Gaetano, che sono andato a visitare il giorno dopo nel suo autosalone, mentre mi mostra la soppressata calabrese, il pane duro e il formaggio, “ha conosciuto a mia madre, medico tedesco, a casa di amici a Reggio, dove trascorreva le vacanze e si sono innamorati immediatamente”.
In città splende il sole. I raggi illuminano l’ampio locale del signor Foti, i cui lineamenti tradiscono le sue origini calabresi. È una persona molto alta ed ha una maniera appassionata di narrare, tipico delle persone del sud. Si emoziona un po’ nel ricordare il suo babbo: “i miei genitori si sono sposati a Berlino nel settembre del 1961, un mese dopo la costruzione del Muro. Mia madre ha aperto uno studio medico e, i primi anni, mio padre si è occupato dei figli. Nel ’64 ha iniziato a fare praticantato presso un distributore di benzina e sei settimane più tardi è divenuto il responsabile degli impiegati. Dopo sei mesi, avendo capito i meccanismi del mestiere, decise di mettersi in proprio ed ha aperto il primo rifornimento dell’Agip in città. Da lì, poi, è partito anche a fare un po’ di meccanica ed è divenuto concessionario della Fiat-Lancia. Mio padre, da italiano, aveva la possibilità di passare le frontiere della Repubblica Democratica. Dovuto a questo, la Fiat di Torino gli ha dato l’incarico di vendere le macchine nella DDR. Tra i suoi clienti c’erano importanti politici, funzionari della Stasi (polizia segreta), scrittori, cantanti e artisti famosi. Lo stesso Honecker, Presidente del Consiglio di Stato, ha posseduto la 130. Io, dopo aver compiuto 18 anni, sono passato regolarmente dall’altra parte del Muro, con il compito di portare i pezzi di ricambio. Anch’io ho conosciuto di persona l’avvocato Agnelli durante un ricevimento. Nel 1991 ho avuto l’onore di fare da cicerone a sua sorella Cristina. Erano persone nobili nel vero senso della parola. Mio padre spesso mi diceva: “Vai chi i megli i tia e pagaci i spisi”.
Gaetano Foti è felicemente sposato. Ha tre figli e una sorella, Gisella, medico specialista di Omeopatia e Agopuntura. Parla un buon italiano con le cadenze tipiche di Reggio Calabria. Da suo padre ha ereditato l’attaccamento alla famiglia e l’amore per la buona cucina: “ci sono gusti e odori che si mantengono nel cervello e nella lingua. Per noi l’identità è tutto. Se pensiamo alla famiglia pensiamo alla tavola. Quando tu pensi a casa, pensi sempre a quando si è riuniti tutti intorno alla tavola”. Gaetano ha ampliato con successo l’attività del padre. E come il padre è membro dell’Accademia della Cucina per la cui rivista scrive recensioni sui ristoranti berlinesi.
È oramai buio quando la mia intervista giunge al termine. Gaetano mi accompagna all’uscita ed io mi incammino verso l’autobus che mi porta a casa.
di Emilio Esbardo
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