Il 26 maggio presso il Theaterkappelle a Berlino è stato inscenato davanti ad un numeroso pubblico il pezzo teatrale di Manuela Naso: “Sei Berlino – Ein Stadtportrait aus italienischer Perspektive” (“Sei Berlino – un ritratto della città dal punto di vista degli italiani”). “Sei Berlino” ha un significato sia se lo si pronuncia in italiano sia in tedesco. La rappresentazione è stata realizzata sotto forma di teatro documentario ed è nata dall’esigenza della regista di voler raccontare la città dal punto di vista degli italiani qui residenti.
Nei media italiani e internazionali, negli ultimi anni, non si fa altro che parlare eccessivamente di Berlino, se ne occupano le reti televisive, le radio, se ne interessano i giornali più vari da Marie-Claire alla Repubblica. Sono stati intensificati i collegamenti aerei e Berlino è diventata una meta turistica di molti connazionali, dove vi si organizzano numerose gite scolastiche. Dunque un boom mediatico, a volte, però, esagerato. Manuela Naso insieme a Nadja Grasselli, con la quale ha scritto il testo, ha intervistato italiani giunti a Berlino in periodi differenti e che dunque l’hanno vissuta in contesti storici differenti. Hanno scelto una ventina di uomini e donne di strati sociali e interessi diversi: artisti, un gastronomo, un ingegnere civile, un giornalista, un fotografo, etc.
A loro hanno posto domande sulla scena di Berlino: come cambierebbero la città e la loro vita in città, quali sono le ragioni che li tengono qui o li allontanerebbero; dunque una serie di domande riguardanti la loro percezione della capitale tedesca. Ne hanno realizzato un video che fa parte dello spettacolo vero e proprio, composto da 6 interpreti, di cui due non professionisti.
La rappresentazione alla fine è un collage di momenti su Berlino, una città ancora in costruzione, in divenire, che non ha niente a che vedere con l’esagerata e fittizia campagna mediatica. Al termine dell’esibizione rimane una domanda aperta, quella dei personaggi: rimarranno a Berlino? Andranno via? Alcuni non tollerano più ciò che la città è diventata, altri, invece, sono affascinati da quello che succede.
Intevista a Manuela Naso
Manuela potresti raccontarci qualcosa di te?
Ho 34 anni e sono nata a Caltagirone, in Sicilia. A 18 anni mi sono trasferita a Milano per studiare Letteratura e Teatro all’università. In questa città ho anche collaborato con il Piccolo Teatro di Milano in qualità di assistente alla regia per Luca Ronconi. In seguito, dopo una permanenza di un anno a Dublino, dove ho studiato Teatro al Samuel Beckett Center, ho deciso di stabilirmi nella capitale tedesca, dove ho fondato il Teatro Instabile Berlino.
Tra le varie forme d’arte tu hai scelto il teatro, perchè?
Semplicemente perché è quello che ho studiato e credo di saper fare. Non potrei fare la pittrice, ad esempio, o la musicista, perché mi manca il talento e la preparazione necessaria. E poi è la forma di comunicazione attraverso la quale riesco ad esprimere al meglio ciò che intendo dire: è uno strumento grazie al quale posso coinvolgere persone diverse che lavorino con me ad un progetto comune. Parto da una visione o un’esigenza mia personale, che poi deve riuscire ad unire esigenze e visioni di altri ed infine a comunicarle ad un pubblico. A volte penso che sia la forma d’arte più antiquata e retrograda. Ci sono altre forme d’intrattenimento e comunicazione che riescono ad attirare molta più attenzione di quanto faccia il teatro. Quando fai questo mestiere ti chiedi se con il teatro si possa realmente cambiare qualcosa nella società in cui vivi. In fondo credo di sì – e voglio continuare a crederlo!
Cos’ha questa forma d’arte in più delle altre?
Che il teatro possa unire varie forme d’arte credo che possa rappresentare una forza.
Che tipo di teatro fa Manuela Naso?
Il mio è soprattutto un teatro di parola ed è un teatro documentario che nasce da bisogni politici, che sento nella vita di tutti i giorni. M’interessa inoltre unire il lavoro fisico degli interpreti con la musica e con elementi visivi: in “Sei Berlino” utilizziamo per esempio molto i video. La parola mantiene un ruolo principale, e non è un caso che le mie rappresentazioni siano in tedesco. Vivo in Germania e voglio raggiungere gli spettatori che parlano questa lingua.
Quali sono i momenti principali e le persone che hanno segnato la tua vita artistica e umana?
Le persone che hanno segnato la mia vita e il mio percorso umano sono le persone che ho amato e che amo. Persone legate alla mia vita privata, a me molto vicine, e persone che non ci sono più. È segnata da presenze e assenze. La mia vita artistica non è stata segnata da qualcuno in particolare. Quando ero più giovane pensavo che per riuscire a fare questo mestiere avrei dovuto assolutamente trovare il famoso guru, il famoso mentore che crede in te. Quando ho capito che tutto questo non esiste ho smesso di cercarlo. E allora il mio percorso artistico è stato segnato dal mio percorso umano, da quello che ho trovato nei luoghi dove ho vissuto. Quando ero a Milano all’università avevo molti stimoli legati agli studi, legati agli spettacoli che vedevo. Adesso invece sono felice di affermare che mi lascio influenzare molto di più dalla vita piuttosto che dall’arte o dalle pseudo sperimentazioni artistiche.
Il successo?
Dipende da cosa s’intende per successo. Se significa fama, riconoscimenti internazionali e mediatici, non posso dirti nulla perché io questo tipo successo non ce l’ho e forse neanche lo cerco. Per me il successo è questo: riuscire a raggiungere gli obiettivi che ti sei posto. Per quanto mi riguarda, credo che la mia vita sia fatta di successi e d’insuccessi. Ricordo che uno dei momenti più felici che univa il punto di vista professionale a quello personale fu la laurea, che ho raggiunto attraverso un percorso fatto di momenti piacevoli e di difficoltà. Il successo è collegato a frammenti di felicità ed è preceduto da momenti difficili.
Com’è nata l’idea di fondare un teatro a Berlino? Perché proprio Berlino e non Milano, ad esempio, o Londra, o un’altra capitale europea?
È molto semplice, io vivevo a Berlino. Le mie scelte sono legate a quello che mi succede nella vita o a quello che voglio che mi succeda. Avevo deciso di venire qui per ragioni personali, e volevo imparare il tedesco. I primi mesi ho lavorato in un Call Center per potermi mantenere. Dopo un breve periodo è ritornato forte in me il desiderio di riprendere il teatro e da qui la decisione di fondare la compagnia. L’idea è nata casualmente da un libro di Brancati La Governante, che avevo comprato poco prima in una bancarella in Piazza Verga a Catania. È un testo del dopoguerra, che fu censurato. Nel 2003, c’era stato un ennesimo caso di censura televisiva su Sabrina Guzzanti. L’attualità del tema della censura mi spinse allora a lavorare sul testo di Brancati. Ho formato un gruppo di attori e abbiamo preparato la rappresentazione in italiano con sottotitoli in tedesco. Abbiamo deciso di darci un nome in italiano che rappresentasse la nostra provenienza ma che fosse comprensibile anche ai tedeschi: instabilità in italiano, Instabilität in tedesco. E così è iniziata la nostra avventura. A Londra non sarebbe potuto succedere semplicemente perché sono venuta a vivere a Berlino e non sono andata a Londra. In Italia trovo difficile lavorare artisticamente, visto che spesso si dipende dalla decisione di qualche politico di turno. Ma io non mollo, mi piacerebbe realizzare qualcosa anche nella nostra nazione. Stiamo lavorando al momento ad un progetto europeo, dove è coinvolta anche l’Italia. Il Teatro Instabile vorrebbe essere ancora più instabile davvero tra i due Paesi.
Qual è la tua percezione della città. È cambiata da quando ti sei trasferita qui?
È divertente perché queste sono più o meno le domande che noi abbiamo posto agli italiani nell’ambito del progetto “Sei Berlino”. Nel mio caso, sono arrivata nel 2003 e la mia risposta è “sì”. La strada dove ci troviamo noi due ora è la “Bergmannstrasse”. Prima della caduta del Muro questa era la strada dei rigattieri. Oggi è abbastanza “Schickimicki” con caffè molto carini, localini, negozietti un po’ più cari del solito, boutique. Berlino, nella mia percezione di questi otto anni, si è imborghesita. Da una parte temo che possa iniziare un processo per cui la città verrà uniformata a molte altre capitali europee e dall’altra è anche molto bello che abbia attirato tanti stranieri o altri tedeschi di altre città.
di Emilio Esbardo
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