Ultimamente gli storici hanno potuto studiare nuovi e interessanti documenti custoditi nel Cremlino, risolvendo l’enigma. Sono atti segreti, contenenti i documenti e i protocolli dei discorsi dell’ex Comitato Centrale del Partito Comunista, custoditi nell’archivio presidenziale.
Si è scoperto che sin dal suo ritorno a Berlino dall’esilio in Russia, dopo la fine della seconda guerra mondiale, Ulbricht, ha sempre fatto pressioni per la chiusura dei confini tra Berlino est e Berlino ovest. Walter Ulbricht, tra i fondatori del partito comunista tedesco nel 1919, dovette abbandonare la Germania con la presa al potere dei nazisti avvenuta nel 1933. Nel 1945 ritorna nella sua patria al seguito dell’Armata Rossa.
Nel 1946 è tra i fautori della fondazione della SED, il Partito Socialista Unificato di Germania, l’unico partito ammesso nella Repubblica Democratica. Divenutone il Segretario Generale nel 1950, diviene anche l’uomo più potente della neonata Repubblica Democratica.
Tra il 1949 e il 1961, 2.700.000 persone avevano volto le spalle alla DDR, che rischiava di cessare di esistere a causa dello spopolamento e della conseguente perdita di operai specializzati e di gente qualificata. Inoltre Ulbricht aveva paura che si sarebbero potuti ripetere le insurrezioni del 1953, che già allora avrebbero causato la fine della DDR, se non fossero intervenuti le Forze Armate sovietiche a reprimere nel sangue le rivolte: tutt’oggi non si conosce il numero esatto delle vittime.
Questo è un capitolo sconosciuto della storia tedesca.
Le prime richieste della chiusura dei confini, come dimostrano i documenti, sono iniziati nel 1953 dopo la morte di Stalin. Il suo successore, Krusciov, dal canto suo, all’inizio risponde negativamente alle insistenti pressioni di Ulbricht per paura di uno scontro con le forze alleate: i tempi infatti non erano ancora maturi per un simile passo.
Attraverso Molotov, il rappresentante russo nella DDR, gli fa recapitare il messaggio che sarebbe stato “politicamente irrealizzabile ed anche una soluzione facile al problema”. Krusciov consiglia a Ulbricht di tentare di bloccare la fuga dalla DDR non attraverso la forza ma adottando delle misure politiche più popolari per convincere i cittadini a rimanere.
Questo saggio consiglio è rimasto inascoltato. Il capo della SED non solo lo ignora ma decide di adottare una linea ancora più dura, creando uno stato di malcontento generale che raggiungerà la situazione più critica nel 1959. In quell’anno il regime inizia la collettivizzazione forzata dell’agricoltura: i contadini in massa abbandonano le loro campagne e fuggono nella Germania Ovest.
Di fronte ad una situazione divenuta insostenibile, Krusciov tenta di risolvere il problema con una mossa politica. Lancia un ultimatum agli alleati inducendoli ad accettare Berlino come una “città libera”, smilitarizzata, affidando il controllo dei punti d’accesso alla città alle autorità della sola DDR. In caso contrario si sarebbe visto costretto ad utilizzare la forza.
Ulbricht, nel frattempo, in segreto, a partire dal gennaio 1961, affiancato da collaboratori fidati, inizia i preparativi per la costruzione del Muro. Al rifiuto definitivo di Kennedy di trasformare Berlino in una “città libera”, Krusciov dà il via libera alla costruzione del Muro. A comunicarlo al governo della DDR è l’ambasciatore sovietico, che rimane stupito di fronte al progetto già ideato e curato nei minimi dettagli che gli viene mostrato da Ulbricht all’istante.
Il 15 giugno del 1961 Walter Ulbricht racconta, durante una conferenza stampa, una delle più grandi bugie della storia: “Nessuno ha intenzione di costruire un Muro”. È la bugia di un uomo creduto uno strumento, una marionetta, che agiva seguendo le volontà e gli ordini di Mosca, ma che in realtà è il vero artefice della costruzione del Muro di Berlino.
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